Specchioni di coppia
Si è fatto un gran parlare dei neuroni specchio al punto che, più della connotazione neurologica, oggi come oggi prevale il valore di metafora.
Si tende ad affermare che queste cellule forniscono la spiegazione per l’empatia. La simulazione imitativa nel laboratorio mentale fa sì che si sperimentino i vissuti dell’altro nel nostro corpo.
Questo andrebbe bene in una situazione inedita, tuttavia che cosa succede quando la simulazione avviene in uno schema consolidato?
Una situazione simile è quella della coppia. Senza neppure ricorrere alle neuroscienze si possono ritrovare degli esempi nello studio condotto da Bandler e Grinder sulle tecniche di terapia della famiglia utilizzate da Virginia Satir. “Se tu me lo dici con quella voce…”, con quello sguardo, facendo quel gesto e così via: il correlato modale (tono di voce, espressione, gesto…), contrariamente a quello che tutti sosterrebbero, nella comunicazione di coppia assume più valore del “testo”, del contenuto della comunicazione.
Quando il partner vede, ascolta, prova le sensazioni della nostra comunicazione assume come senso quello della simulazione nel contesto, nel laboratorio della propria persona. Quest’ultima tuttavia è ben lungi dall’essere “vergine”: precedenti rapporti, amicizie, le comunicazioni nella famiglia d’origine accoppiano il rispecchiamento in un pattern di significato ibrido, tutt’altro che puro come potrebbe essere un laboratorio sperimentale.
Se questo può essere vincente durante l’innamoramento contribuendo a generare il lampo di quel “colpo di fulmine”, è anche vero che può dar luogo ad un’infinità di errori: dalla scelta della persona all’attribuzione di intenzioni il più delle volte ignote al comunicante.
In poche e povere parole: quasi mai quello che pensi essere il senso del paraverbale di tuo marito, moglie… e perfino figlio o madre e padre è “auto evidente”. Solo chi rifiuta il confronto verbale sereno e tollerante ha sicuramente torto. Come dire che il più della volta, almeno nella coppia, hanno torto entrambi.