Categoria: book

Appunti di psicologia

Appunti di psicologia

Questo non è un articolo, ma solo l’avviso che ho introdotto in Libreria gli appunti decisamente disordinati di capitoli per libri mai scritti e per lezioni poi modificate. Oltre che per souvenir personale hanno lo scopo di fare ritrovare agli amici che hanno partecipato alle mie lezioni alcuni degli argomenti incontrati e molti di quelli non presentati.

Non credo ne si possa capire troppo: molto è più evocativo che esplicito, tuttavia anche questa è testimonianza di ricerca.

La bozza è qui…

Prescrivere il sintomo

Prescrivere il sintomo

Esempi di intervento — Lezioni di Bilanciamento Dinamico

Se negli interventi di tipo 1 sarà piuttosto facile suggerire un comportamento che contrasta la situazione indesiderata, lo stesso non vale per quelli di tipo 2. Un esempio di intervento di tipo 1potrebbe essere: «Visualizza la persona che ti può far stare bene. Guarda come sarai fra vent’anni — senza paura o profezie e senza desiderio o volontà — e ritornando indietro cerca di precisare sempre meglio la persona che ti avrà portato ad essere così fino ad arrivare ad oggi. Guarda ora chi dovrai essere tu per attirare una persona di questo tipo e guarda intorno a te chi assomiglia a quella persona che si trova bene con quel te stessa — che continui a non essere tu».

In definitiva nel tipo1, in una situazione di processi di eccessiva stabilizzazione o immobilità (“mefistofelici”) si introducono elementi di desiderio, di volontà, anche di alienazione e perfino di coraggio (“luciferici”), spingendo le persone a mettere in atto comportamenti molto semplici e per nulla pericolosi per una persona normale ma che possono apparire eccessivamente audaci per il cliente. Oppure, a fronte di pulsioni incontrollabili (siano esse caratterizzate da paura o desiderio o macchinazione), di insaziabile appetito di potere, di realizzazione, di generare attrazione e dipendenza o di realizzare ideali carichi di integralismo (“luciferico”) si può instillare un processo di stabilizzazione e razionalità calcolata e mediata da elementi di concretezza materiale (“mefistofelici”) tali da fare recuperare un equilibrio mobile.

Il più delle volte questi non avranno ragione di essere realizzati, specialmente se durante il setting verranno fatti sperimentare con intensità e veridicità. Quello che ne uscirà sarà probabilmente una situazione di compromesso, un adattamento accettabile che per venire percepito potrà richiedere un insight retrospettivo durante gli incontri successivi. Questo passaggio sarà fondamentale proprio per permettere l’appropriazione dell’intervento di cambiamento da parte del cliente che altrimenti non se ne sentirà affatto autore. È infatti fondamentale che il risultato non sia mai percepito essere il cambiamento in sé, ma piuttosto l’appropriazione del processo di apprendimento da parte del cliente, la sua comprensione e la fiducia nella capacità di poterlo ripetere in altre situazioni.

Come abbiamo detto però gran parte dei nostri casi, anche qualora si presentino come quelli descritti prima, si porta dietro delle situazioni di tipo2. Ad esempio: «Ho fatto quello che mi ha prescritto ma mi sono visto brutto». Oppure: «Quello che mi chiede per me è inaccettabile», o anche «So anch’io che basterebbe fare così, ma se sono qui è perché non mi è possibile». Per evitare di incappare in queste situazioni occorre utilizzare la seconda via del bilanciamento dinamico, quella indiretta o omeopatica, dove l’indirizzo non deve arrivare dal counselor e spesso neppure essere percepito in quanto tale: occorre che l’operatore per primo creda fortemente nel potere dell’inconscio, come pure in altre forme di “ignoranza percettiva attiva”, come interventi angelici o processi neuronali dell’ippocampo, vanno tutti bene e abbia fede nel fatto che avverrà quello che deve avvenire. Se sei scettico e addirittura irritato da queste parole questo lavoro non fa per te.

Bisogna sapere prescrivere il sintomo.

Dove l’enfasi va posta proprio sul savoir faire nell’arte della prescrizione.

«Per riassumere, mi sembra di capire che tu ti stia descrivendo come una persona che non sa dire di no e che per questo ti sia sottoposta a delle situazioni umilianti che ti fanno perdere del tutto la stima di te. Tuttavia, ritengo estremamente importante comprendere come il fatto che tu non apprezzi la tua persona è perché hai iniziato un lavoro e non hai la meticolosità necessaria per portarlo a fondo. Per esempio ora ti potrei chiedere di prendere quel fazzoletto e pulirmi le scarpe. Lo faresti vero? Certo, ora mi diresti che non è possibile, ma nel tuo intimo ti rendi conto che lo potresti benissimo fare. Potresti addirittura leccarmele le scarpe. Non c’è bisogno che ti mostri scandalizzato. Sai che non ti chiederò di farlo. Ciononostante quello che è assurdo è che la tua bocca sta sentendo il gusto del lucido da scarpe e le tue papille gustative percepiscono con un misto di disgusto e di perverso piacere il sapore delle suole. Questo accade perché in questa situazione tu avverti che io sono una persona che ha del potere. Certo, ce l’ho qui ed ora e non in una situazione diversa e ne è la prova il fatto che nonostante pensi che sto facendo un discorso da pazzo arrogante tu sei incollato alla sedia e non hai preso quella porta per uscire. Quello che intendo per andare fino in fondo vuole dire che dovrai identificare delle persone per le quali non nutri alcuna stima, gente che consideri falliti oppure dei tuoi sottoposti, dei deboli, degli imbranati. Sono le loro scarpe che, per modo di dire, dovrai leccare: è a loro che dovrai fare in modo di chiedere di umiliarti di farti sentire uno schiavo disposto a fare qualsiasi cosa ti chiedano. Vorrei che ora identificassi delle persone senza potere, che ne abbiano molto meno di te, che non valgano proprio nulla nella scala evolutiva del tuo entourage e provassimo ad immaginare quello che potresti fare con ognuno di loro. Cominciamo!»

In zona Cesarini — la strategia del contropiede

Anche se qui abbiamo messo in azione numerosi meccanismi non così facili da spiegare in un semplice articolo, quelli che devono essere chiari sono alcuni principi: 1) nei casi di tipo2 è una tecnica spesso importante prescrivere il sintomo; 2) la prescrizione non richiede di essere eseguita; il più delle volte va però esercitata nell’immaginario (possibilmente in sede di seduta stessa) 3) quando si prescrive come homeworking dev’essere in una safe zoneovvero qualcosa di fortemente inconsueto ma a dosi infinitesimali per quanto emotivamente cariche possibilmente tali da spingere a non essere eseguite ma con delle sollecitazioni a pensarci e ripensarci: quanto più si evita un compito tanto più intensamente si sarà eseguito l’esercizio 4) al ritorno va richiesto con una certa premura il ritorno dell’esecuzione del compitolasciando intendere che la cosa era fondamentale e quello che non si è fatto o si è fatto male non sarà più lo stesso la volta dopo, complimentandosi invece dell’ottimo lavoro svolto quando lo si sia eseguito (magari era un’inezia) 5) ma, comunque siano andate le cose, il tema a seguire — trattato come quasi una questione marginale — sarà che cosa è successo durante la settimana, quali cambiamenti casuali siano intervenuti e in che modo l’inconscio (o il sembiante che si preferisce) si sia affacciato nella vita di tutti i giorni al punto di — eventualmente — modificare il contratto di partenza, ovvero la definizione degli obiettivi. In ultima analisi che cos’hai — seppure casualmente — imparato in questo periodo e come potresti riutilizzarlo in futuro, per quanto piccolo possa essere.

Vai alla lezione precedente

«Saprei IL “Nonsapere”»

«Saprei IL “Nonsapere”»

MAntokolski_Death_of_Socrates

Oggi gli amici mi ricordano quel detto socratico a me tanto caro, quel

So di non sapere

Che è anche la sola idea che i più ricordano di lui, la stessa che i più equivocano etichettandola e quindi liquidandola riduttivamente come “scetticismo”.
Dopo millenni il poco che mi sento di modificare di quella frase lo esprimerei così

So il Nonsapere

Ovvero, sono consapevole che esiste il Nonsapere e il Nonsapere è un’entità, un universo o meglio un multiverso, delle dimensioni che sono compresenti e agiscono al di là della nostra capacità di percezione prima ancora che di comprensione. Spazi e soggetti che agiscono nel nostro presente atemporale o extra-temporale e plurispaziale.
E questa consapevolezza, questo sapere mi dà speranza, mi conforta della miseria delle nostre presunzioni. So che agisce nel nostro momento al di fuori, non solo del nostro misero sapere, del povero linguaggio su cui affonda le fragili fondamenta il nostro raziocinio, ma prima ancora delle limitatissime informazioni che traggono origine dalle ridicole capacità percettive della condizione umana.
Non è scetticismo: è sapere che nel Nonsapere esistono entità, soggetti o come si vuole chiamare queste “cose” che ci donano pensieri e un sentire che ci accompagna e non ci fa mai sentire soli in mezzo a pericoli anch’essi a noi ignoti. Questa consapevolezza incomunicabile non mi dà ansia: piuttosto mi dona speranza, mi conforta delle nostre misere presunzioni. Confido nel Nonsapere e ad esso dono il mio esistere.

Ho fede nel Nonsapere. Spero in lui.

Learning & Changing via @Paràdoxos

Learning & Changing via @Paràdoxos

Creare caricature, amplificare con la consapevolezza che gli estremi non esistono: questa via di “apprendimento per mostri” che troviamo nella materia medica omeopatica somiglia all’insegnamento per paradossi del Bilanciamento Dinamico. Uno Zen ruomoroso e pittoresco del tutto anti-ieratico per vecchi Europei disincantati.

Il continuo sforzo per mantenere l’equilibrio

Il continuo sforzo per mantenere l’equilibrio

Il continuo sforzo per mantenere l’equilibrio

Le basi del bilanciamento dinamico

L’arcano maggiore dei tarocchi chiamato “Il Carro”, la carta VII, è la rappresentazione del governo degli opposti
Nella terapia come nell’educazione, nel management come nella famiglia, nello sviluppo personale come nel commercio, nel coaching come nello sport, nella spiritualità come nella politica… dovunque è questione di equilibrio. Tuttavia, conseguirlo e mantenerlo è molto meno semplice di quanto ci venga da dire.

Un antico slogan politico recitava: “Avanti al Centro contro gli Opposti Estremismi”. Erano gli anni ’70 e qualcuno stava sfruttando l’idea che tanto l’estrema sinistra che l’estrema destra si somigliassero e che per evitare i danni provenienti da questa finta dialettica la scelta migliore consistesse nel voto alla Democrazia Cristiana e i suoi alleati. Come tutti gli slogan avevano bisogno che ci fosse del vero per trasmettere il proprio consiglio per gli acquisti. I primi scritti che abbiamo in proposito risalgono, da un lato ai maestri taoisti (dal Tao Te Ching all’I Ching), dall’altro ai frammenti presocratici, sostanzialmente Eraclito con la sua legge dei contrari. Da allora molto si è scritto a proposito dell’Uno, molto sul Due… anche sul Tre c’è molto, ma in verità non così tanto. Mi spiego meglio. Quando si parla dell’Uno facciamo riferimento alla causa primaria da cui tutto deriva. Pare che quest’idea traesse origine dall’Antico Egitto e venne poi esportata da un popolo che decise di lasciarlo per tornare alle proprie terre delle origini: quando vennero lasciate seguivano un politeismo sua specie che poi venne integrato in un monoteismo che fece scuola nel mondo. La filosofia seguì questa strada contrapponendo (e in questo già il Due segna un punto in più) la scuola dell’Idealismo unitario a quello della dialettica binaria. Accanto a loro ci furono molti pensatori che si affrancarono da queste lobbies teoretiche ma non molti ebbero grande successo. Probabilmente il più estremo fu Friedrich Nietzsche che decise di sciogliere le briglie del proprio ronzino per lasciarlo libero di scalpitare senza regole ad affermare le radici politeiste e “tragiche” del pensiero libero. Era attaccato a questo autore uno dei maestri di quanto vado scrivendo, Rudolf Steiner, noto per una corrente dell’occultismo che ha fortemente condizionato molte professioni pratiche, dalla pedagogia alla medicina, dall’arte all’alimentazione, dall’economia all’architettura… Prima ancora che a Nietzsche (e Stirner con esso) e al suo esaltato mentore, il signor Goethe, Steiner deve le basi di gran parte del suo metodo ad una metafora dell’antico Platone, quella della biga alata presente nel suo Fedro. Anche se si attribuisce questo mito all’uso riguardante la reminiscenza dell’anima, le sue implicazioni superano di gran lunga questo fine. Egli scrive:
«Si raffiguri l’anima come la potenza d’insieme di una pariglia alata e di un auriga. Ora tutti i corsieri degli dèi e i loro aurighi sono buoni e di buona razza, ma quelli degli altri esseri sono un po’ sì e un po’ no. Innanzitutto, per noi uomini, l’auriga conduce la pariglia; poi dei due corsieri uno è nobile e buono, e di buona razza, mentre l’altro è tutto il contrario ed è di razza opposta. Di qui consegue che, nel nostro caso, il compito di tal guida è davvero difficile e penoso.» (Platone, Fedro, 246)
Da qui si comprende la fatica che spetta all’Auriga e quindi il fatto che stare al centro governando i contrari eraclitei è tutt’altro che una luculliana passeggiata come dovette apparire ai democristiani dello slogan. Steiner fece di più: trasformò quella che chiamò “triarticolazione” (dove occorre stressare, non solo l’idea del 3, ma soprattutto il fulcro dell’articolazione — l’idea di dynamis che affianca la logica del bilanciamento nella nostra teoria — lo snodo, l’attività costante, il governo dell’attrito e così via) in una chiave di volta di tutti gli ambiti che andava studiando, da quello spirituale a quello sociale o terapeutico. In un suo lavoro riguardante “il doppio” ci fa scorgere come la nostra soggettività umana si trovi al centro di due forti energie personificate. Dimentichiamo per un attimo la caratterizzazione diabolica che ne dà di Luciferina e Arimanica per riportarci all’idea platonica. Da un lato a muoverci sono i venti brucianti delle passioni veicolate dal desiderio di affermazione dell’egoità, dall’altro il gelido raziocinio del calcolo che si condensa nell’affermazione del materialismo strumentale. Queste due entità energetiche oltre che ontologiche sono affermazioni cieche di volontà che perseguono ognuna là propria strada indifferenti alle ragioni dell’altra proprio come i due purosangue platonici. In mezzo il sé (lo chiamo così in sintonia con Jung per evitare l’ambiguità del termine “Io” prediletto da Steiner per evitare di fraintenderlo con l’egoità tipica dei “destrieri diabolici”) è come una esile membrana, priva di densità ma non per questo meno determinante, anzi… Per quanto importante, essa — ovvero, noi umani — non potrebbe esistere se non potesse beneficiare delle due forze contrapposte che le permettono di risalire la ripida china che porta al ritorno alle sorgenti spirituali, a chiudere il viaggio dell’anima presente nel Canto della Perla che si trova negli Atti di Tommaso Vangelo apocrifo gnostico. Questa logica la ritroviamo ovunque e di sicuro anche nella nostra persona corporea, mentale o olistica che là si voglia vedere: una forza ci spinge ad agire, a incorporare, a volere… l’altra a consolidarci, calcolare, stabilizzarci… Le similitudini non ci devono però spingere a trovare delle concomitanze strette fra un ambito (quello delle forze) è l’altro (quello della persona umana): dobbiamo sapere fermarci alla dinamica illustrata, provando ad usarla in più contesti per evitare a creazione di altri inutili sistemi filosofici tuttologici. Abbandonando per il momento Steiner arriviamo più vicino ai giorni nostri per ritrovare qualcosa di analogo in molti autori, specialmente di ambito psicologico come soprattutto Piaget, lo psicologo svizzero più noto per le sue teorie dello sviluppo intellettuale in età evolutiva. Nei suoi studi epistemologici, di gran lunga a mio parere più importanti, egli afferma che lo sviluppo umano è la storia delle nostre capacità di adattamento individuale e che questo processo complessivo, la vita stessa, in fondo, flessibile e plastica in gioventù, più rigida con l’avanzare dell’età, noi alterniamo due fasi:
  • quella dell’assimilazione, ovvero l’incorporazione di un evento o di un oggetto in uno schema comportamentale o cognitivo già acquisito come utilizzare un oggetto per effettuare un’attività che fa già parte del proprio repertorio motorio in base a elementi che gli sono già noti, e…
  • quella dell’accomodamento consiste nella modifica della struttura cognitiva o dello schema comportamentale per accogliere nuovi oggetti o eventi che fino a quel momento erano ignoti.
I due processi si alternano alla costante ricerca di un equilibrio fluttuante (omeostasi) ovvero di una forma di controllo del mondo esterno. Una logica presente in cibernetica è in sistemica. Giunti a questo punto comprendo che molti che si aspettavano istruzioni pratiche o perlomeno applicate al quotidiano si sentano a bocca asciutta, insoddisfatti e magari stanchi di tanta teoria. Amici miei, dovrete pazientare ancora un po’. Sono ormai quasi trent’anni da che ho cominciato a concepire questo modello che vuole soprattutto essere un metodo e quindi offrire diverse applicazioni concrete. Ciononostante non ho mai trovato la pazienza e l’impegno per formularla completamente per iscritto. Nel frattempo ho proseguito in questo lavoro in evoluzioni coerenti che non potevano aspettare. Oggi, però, voglio riprendere in mano questo lavoro, sia perché sono troppi quelli che non hanno capito quello che intendo, spesso banalizzandolo con l’idea della “via di mezzo” che, non solo ha ben poco a che vedere con il modello, ma soprattutto conduce a errori peggiori della malattia; sia perché, dalle domande e dalle richieste che mi pervengono mi pare che i tempi siano oggi più maturi per riprendere in mano questa tappa strategica del mio percorso. Quindi, portate pazienza e rimanete sintonizzati su questa lunghezza d’onda: prometto prossimi esempi pratici auspicando che chi ne ha di propri si senta libero di estendere questo lavoro sentendosi libero di farlo proprio. Il prossimo articolo della serie dedicata al Bilanciamento Dinamico (aka DBM) sarà dedicato alle strategie della complementarietà, ovvero come introdurre il cambiamento, sia esso in direzione di una modifica come di una stabilizzazione. Anche in questo caso vedremo che le cose possono essere molto meno ovvie di quanto si sia portati a pensare e soprattutto osserveremo quanto peso abbiano sottigliezze e sfumature. A presto. Altre fonti:
https://www.enniomartignago.it
https://www.enniomartignago.com
https://www.facebook.com/BilanciamentoDinamico/
https://nuovaipnosi.wordpress.com/
http://www.vie.carmelanardella.com/condizione/omeostasi #dbm #bilanciamentodinamico #counseling #coaching #terapia #psicoterapia #antroposofia #crescitapersonale
Riconoscersi nella pazzia

Riconoscersi nella pazzia

Oggi ascoltavo un docente universitario che nelle vesti di consulente esponeva in un’azienda i pur interessanti risultati di una ricerca sociologica. Le conclusioni, corredate da molti calcoli anche complessi, portavano a delle valutazioni abbastanza note agli osservatori più attenti e meno stereotipati e comunque comuni in questo genere di aziende.

Spiegava come fosse colpito dal fatto che in un’impresa così apparentemente omologata esistessero miriadi di clan e logiche locali che costituiscono i criteri operanti, quelli autentici, quelli di clan, lobby, “cosche” in barba alle universalissime ricette imposte dalle big three consulting firms: scaling agile, disruption, digital transformation, deep learning, data analysis eccetera, eccetera.
Considerava come fosse inefficiente contrastare un modello gerarchico con quello agile quando poi li fai convivere entrambi nonostante gli imbarazzanti impedimenti che portano a dare il peggio di ognuna delle due.

Io riflettevo su quanto fosse assurdo che l’uomo abbia creato delle tecnologie e dei modelli per replicare e riprodurre la razionalità nei propri modelli sociali, da quelli politici, a quelli economici, dall’istruzione alla sanità. No, non le procedure, né le macchine, né i calcoli possono riprodurre gli aspetti caratteristici dell’umanità. Dimostrano piuttosto un insano desiderio degli essere umani di rappresentarsi come le tecniche e le scienze: razionali, logici, calcolati…

Ora che quest’affermazione si è consolidata e ha contaminato le persone e gli ambienti possiamo finalmente affermarlo: l’irrazionalità, l’impulsività, la mancanza di logica e di buon senso, tutti completamente impermeabili alla formalizzazione, sono i veri principi guida dell’umanità e più l’uomo cerca di affermare il contrario più porterà alle estreme conseguenze questa vera specie specificità e da sempre la massima estremizzazione della razionalità non modellizzata perché basata sul totale arbitrio dell’Assurdo imponderabile perché fondato sulle buffée – va ricordato – ha sempre costituito la fondamenta dell’evoluzione umana: la guerra – la più immediata, distruttiva e spietata.

Tanto vale sostituire il pensiero positivista dalle Organizzazioni e riprendere in mano l’analisi istituzionale e la vivisezione, i sogni, gli incubi, l’Es e il microbiogramma delle comunità economiche e trasformative umane.

Ora che abbiamo con l’aiuto delle macchine portato al massimo estremo la riproduzione programmata della logica che fa funzionare al meglio ogni cosa salvo non sapere a che scopo sarà utile, non ci rimarrà che riconoscerci in quello che resta: la follia!

Bene o male, uccidiamo

Bene o male, uccidiamo

Siamo tutti assassini per delega. Viviamo e viviamo in questo modo perché da qualche altra parte qualcuno sta uccidendo altri esseri viventi, compiendo genocidi, estinguendo specie viventi. Poco importa che non ci stiamo sporcando le mani, che non lo si voglia, che lo si combatta, che si sia animalisti o vegani: ogni santo è tale grazie ad un peccatore e se la singola coscienza può crescere è soprattutto grazie alle colpe altrui. Per questo la salvezza dal male su questa terra potrà essere solo un risultato medio statistico basato sul raggiungimento della quiete dal desiderio e dall’attaccamento di tutta la popolazione animata del pianeta.

Ovviamente si tratta di un’utopia, ma è avendo questa utopia nella mente e né la giustizia, la crescita, il benessere, il buonismo, l’indignazione o altre retoriche simili che potremo fare del bene al mondo e ai suoi abitanti.

Paradossalmente, ad ogni santo è stato permesso di diventare tale soprattutto da moltitudini di peccatori dannati, il più delle volte ciechi e stupidi, ma spesso consapevoli della dannazione che accettavano di assumersi.

“Never judge anyone shortly because every saint has a past and every sinner has a future” Oscar Wilde

#shaman #book

Powered by Journey Diary.
Personal Gurus

Personal Gurus

I miei guru.org

Aggiornamenti ricorrenti

Primo livello

J. M. March, E. Schein, K. Weick, H. Mintzberg

Secondo livello

H. Simon, C. Argyris, T. Berger, Luhmann, Hoffman, Durkheim, Nonaka, Siegel

Terzo livello

M. Foucault, C. M. Cipolla, J. A. Schumpeter

#openorg #book

Powered by Journey Diary.
Condivisioni

Condivisioni

Se è vero che Internet ha offerto molto spazio alla stupidità che prima era relegata negli spazi non poi così angusti della strada, lo è anche che la cretineria presente nelle istituzioni, nelle scuole, sui giornali e sicuramente anche nelle boriose università era del tutto proporzionale a quella attuale, fatte le debite differenze di volumi con il presente. Lo stesso dicasi dell’intelligenza e della saggezza: poca ne si poteva trovare prima – e ben confinata nel silenzio dal potere del “discorso” istituzionale – e ancora poca è oggi – e ben oscurata dal rumore del potere economico e istituzionale che, alla televisione e sui media in genere, prima che su Internet, ha tutto l’interesse a confondere le opinioni e le valutazioni delle persone.

In compenso, possiamo dire che proprio grazie alla diffusione delle conoscenze represse che ora è consentita dalle reti molte voci altrimenti costrette al silenzio prima ora possono essere conosciute. Gente comune, come lo sono stati quasi sempre perfino i maestri, che non ha certo spazi da “influencer” e nemmeno le attenzioni che ricevono giullari e violenti; gente che non frequenta i social ad alta diffusione e che è reperibile solo tramite il passaparola di chi conosce o ha scoperto; gente che ha pochissimi lettori e meno ancora commentatori e che se li avesse dubiterebbe di ciò che sta facendo.

A gente così mi sento vicino e per questo ringrazio la rete di farmeli conoscere almeno un po’ e sarebbe ancora più bello se, invece di essere separati da un display mobile o fisso, si riuscisse ad uscire dal digitale per potere stare insieme con la condivisione resa possibile solo dalla presenza anche silenziosa, com’era nelle antiche scuole prima della nascita della scrittura e dei caratteri mobili: in fondo la vera rete delle banalità e del sapere prima del digitale.

Powered by Journey Diary.
Procrastinare l’urgenza

Procrastinare l’urgenza

È più frequente di quanto si pensi l’esternazione di urgenza che non va assecondata. Molti possono pensare che questa considerazione sia cinica o quantomeno opportunista; potrebbe anche esserlo e non me ne vergognerei, ma in ogni caso non è così.
Le telecomunicazioni, molto prima di Internet, anche solo con il telefono fisso, il bigrigio o quello nero a muro, hanno modificato e troppo l’autonomia delle persone. Essere vicini uno all’altro nelle grandi città ha finito per cancellare della vita di campagna, non solo la solitudine, ma con essa anche la vicinanza, la solidarietà del vicinato collaborativo.
Oggi, appena hai qualcosa devi chiamare qualcuno; anzi, appena hai un pensiero, un momento di lieve ansia, un vuoto dalle attività, un attimo di attesa davanti alla scuola di tuo figlio, mentre porti a passeggio il cane, quando sei in coda in auto devi trovare a tutti i costi qualcuno con cui parlare.
La cosa migliore da fare in questi casi è quella di non rispondere al chiamante e di richiamarlo qualche ora, a volte anche solo qualche decina di minuti dopo. Probabilmente il vostro interlocutore in preda all’incontenibile urgenza non potrà più parlare con voi, non risponderà o vi dirà “scusa ma ti richiamo io dopo” (e sarà bene ripetere la cosa). Molti penseranno: “E se per caso era davvero importante?”. State tranquilli: le cose urgenti possono essere dette anche alla segreteria telefonica, per SMS, Whatsapp… e possibilmente non con un “Ho bisogno di parlarti” che replicherebbe soltanto l’insistenza della chiamata, ma con “Ho dimenticato le chiavi in casa?”, ad esempio. Se è urgente tutti trovano un modo per dirlo e se fosse urgentissimo, questione di vita o di morte, beh per quello probabilmente non saresti tu la persona indicata ad intervenire.
Se sei una persona che per professione fornisce aiuto questo dovrebbe esserti ancora più chiaro. Esistono molti modi per procrastinare l’intervento senza lasciare nel panico chi lo richiede e se ci pensi un attimo sai perfettamente come fare e anche come capire senza assecondare l’ansia se si tratta o meno di una situazione disperata.
Non sostituirsi nella situazione di aiuto vuol dire non farlo immediatamente e non esserci subito lo si fa comunicando all’interlocutore la fiducia che è abbastanza forte da far fronte da solo all’urgenza. Questo non significa affatto che saprà cavarsela in tutto e per tutto da solo, ma semplicemente che non deve gettare benzina sulla fiamma dell’agitazione, dell’ansia, di certa disperazione. Spesso non lo si fa per sentirsi indispensabili, dei piccoli supereroi Marvel, ma in questo modo si crea nell’altro una dipendenza, lo si confina nel ruolo della vittima parassita, dell’impotente e dell’incapace.
Non di rado capita che amici di diverso tipo mi cerchino per un problema e subito dopo o, più frequentemente, dopo una breve procrastinazione mi dicano “Anche questa volta è bastato chiamarti perché si risolvesse la situazione”. Naturalmente non sono io ad avere super poteri, ma loro a sapere accedere ai propri. Con il tempo hanno appreso ad avere fiducia in se stessi e nelle proprie capacità e il più delle volte funziona: chiamare serve loro soltanto a ricordarlo, ad interrompere gli automatismi della non-autosufficienza, di quel bisogno di un qualcuno che ti consola e a cui sollevare migliaia di eccezioni per dimostrare la totale irrisolvibilità del proprio problema. Nell’agitarsi mentre quell’altro a cui hai chiesto aiuto per sciogliere i nodi ti ingarbugli sempre di più finendo per legare anche lui alla tua matassa.
Ricordo di aver letto che quando era ancora monaco apprendista il maestro zen Jōshū Jūshin (Zhàozhōu) si arrampicò in un punto inaccessibile da cui era quasi impossibile discendere per sfidare le capacità del suo maestro di allora. Quando lo vide arrivare cominciò a gridare disperato perché quello lo aiutasse. Quando il maestro vide la situazione si fermò e con calma prese a contare finché Jōshū, esaurito il fiato, a grande fatica e sfidando il pericolo non riuscì a scendere e, una volta a terra, onorò il maestro riconoscendo che gli aveva salvato la vita. Le rare volte che racconto questo aneddoto la maggior parte delle persone aspetta come se dovesse arrivare un finale migliore, una morale più evidente. Questa è troppo banale. Che vuol dire? Che razza di storia è?…

«…cinque… sei… sette… otto… nove…»
😉

Powered by Journey Diary.
Percepire

Percepire

Nei film in originale capisco poco perfino delle lingue che conosco un po’ meglio e generalmente preferisco vederli doppiati. Tuttavia, con le nuove soluzioni televisive e soprattutto con i canali Internet come ad esempio Netflix, sento il bisogno di ascoltare gli attori nella lingua originale. Il più delle volte i doppiatori sono migliori degli interpreti e in genere le loro voci sono perfette. Però, proprio come l’estetica dei volti, del movimento delle mani e dei corpi sono fondamentali per “sentire” quella parte e anche per farsi un’idea della persona che le sta dietro, quando metto l’audio in originale, pur non capendo nulla di quanto dicono se non con i sottotitoli, la voce originale di quell’attrice o di quell’attore muta radicalmente l’idea che mi ero fatto di loro.
Troppo spesso traiamo le nostre impressioni soltanto dal senso della vista sottovalutando quanto in realtà ci influenzino gli altri sensi, come appunto l’udito, il tatto e perfino l’olfatto o il gusto. “Riconoscersi dall’odore” cantava Finardi. Ognuno di noi ha un certo odore e anche la scelta del profumo da indossare dice molto di noi a persone attente e sensibili. Nell’intimità della coppia poi gioca anche il gusto di cui non parlandone ci si disabitua a rendersi conto.
Esiste infine almeno un’ulteriore tipo di percezione, quella in grado di cogliere i campi energetici delle persone e dei luoghi e, anche se è risaputo che si fa dipendere questa sorta di intuito sensitivo a inferenze comuni tipiche della vista e della parola, ormai questa dimensione è sempre più condivisa e gran parte di noi può accedervi seppure in misura differente, solo a saperlo accettare come un fatto normale, senza cercare di volerci ravvisare “effetti speciali”.
Di fatto il riconoscimento dell’altro, il fatto che ci piaccia o meno, che ci si possa fidare o meno passa soprattutto da questa estetica sensoriale che non solo è paralinguistica ma anche subliminale, affidata a quelle funzioni inconsce fondamentali per camminare, digerire, respirare.
Se fossimo maggiormente consapevoli dell’uso di questi canali saremmo più padroni del nostro giudizio e del nostro orientamento interpersonale.
Powered by Journey Diary.
Notti

Notti

Quando ti svegli la notte contratto, strizzato, tormentato da paure, rabbie, rimorsi… ricorda che devi smettere subito di pensare: il pensiero notturno è fatto di larve spiritiche, deiezioni di eventi casuali e avanzi di attaccamenti e fughe.

Puoi giocare al gioco più noioso che hai sullo smartphone, recitare uno scioglilingua, andare a dormire sul divano, accarezzare il gatto… qualsiasi attività che ammazzi ogni tipo di pensiero va bene per aspettare che le palpebre tornino a richiudersi e che i rifiuti mentali cambino discarica.

Quando al risveglio sei preso in un’idea, un ragionamento, l’immagine di un luogo o una persona, non rimandare e almeno appuntati l’idea o il contatto. Nei pensieri del mattino ci sono le ispirazioni migliori che le tue guide spirituali riescono a fare filtrare attraverso la tua mente critica e spesso pessimista per la stanchezza. Non è detto che servano direttamente a te, ma se hanno bisogno di te per prendere vita e importante che non perdi tempo a lasciarle muovere.

Siamo come le piante: loro di giorno emanano ossigeno e di notte gas, noi respiriamo pensieri, di notte, nel sonno spesso tossici, al termine del sonno, nelle prime ore del giorno, arieggiati.

#book #shaman

Powered by Journey Diary.
De Andrè

De Andrè

Se hai qualcosa da dire e ne sei capace trova il modo di farlo ma, giusto o sbagliato che sia, evita di prendere in prestito il lavoro dei defunti usandoli per spiegare chi erano e che cosa pensavano per davvero. Ogni intellettuale è per natura controverso e, quand’è onesto, non vorrebbe apparire diversamente. La coerenza dello stupido gliela appiccicano addosso gli altri, in genere personaggi che negano sdegnosamente l’opportunismo che trasuda lungo tutta la loro biografia. Proviamo a costruire con realismo sanamente conflittuale e incoerente il presente che il passato è già passato e dal futuro non abbiamo speranza migliore che quella di non venire celebrati, non da Peppone, ma men che meno da Don Camillo, figuriamoci un po’ dai pennivendoli, intellettuali di mestiere!…
Powered by Journey Diary.
*The Franti’s Leadership Model*

*The Franti’s Leadership Model*

The Franti’s Leadership Model

Quando un membro di un gruppo non segue lo stesso metodo procedurale, non usa le stesse parole di moda del periodo, parla utilizzando categorie, soggetti, termini, discipline non-standard, non dà per implicito che ci sia solo quel determinato modo per fare le cose, il resto dei membri sospetta di lui e finisce per catalogarlo come diverso: in genere un personaggio che tende alla contrapposizione, un "guastafeste" oppure uno "scansafatiche", un "furbetto" opportunista.
La colpa, non solo non è del Franti, ma alla fine neppure troppo degli altri: il problema è solo quello di non rendersi conto che chi pensa diversamente non deve spaventare perché mette in discussione sicurezze implicite di scarsa consistenza, ma può casomai stimolare a prendere in considerazione la varietà delle esperienze e delle soluzioni possibili per vivere meglio.

Powered by Journey Diary.
The Franti’s Leadership Model

The Franti’s Leadership Model

The Franti’s Leadership Model

When a member of a group does not follow the same procedural method, does not use the same buzzwords, speaks using categories, subjects, terms, non-standard disciplines, does not imply that there is only that particular way to do the things, the rest of the members suspect him and ends up cataloging it as different: usually a character who tends to the opposition, a "damper" or a "slacker", an opportunistic "cunning".
The fault is not only of Franti, but eventually even too much of the other: the problem is just not to realize that those who think differently should not scare because it calls into question implicit security of low consistency, but may possibly stimulate to take considering the variety of experiences and possible solutions to live better.

Powered by Journey Diary.

Clear Sky, -2°C

Via S. Benigno, 6, 10154 Torino TO, Italia

Separato dalla propria ombra un uomo non è nessuno. È una finzione, una simulazione priva di senso prospettico, a una o due dimensioni.

Ci sono miei coetanei che condividono le loro foto da ragazzi perché rifiutano le immagini successive; giovani che passano intere giornate a diffondere a chiunque i propri selfie, preoccupati che vada perso ogni momento estetico della loro attuale bellezza, rifiutandosi così di lasciare leggere la parte più originale di sé costituita dalle difformità, dai paradossi, dalle incongruenze, dalla frammentazione…

Non vorrei mai che venissero bruciati gli episodi brutti o vergognosi della mia storia, pena il fatto che poi si parli male del caro estinto: senza di loro non sarei vero; sarei in-significante.

Powered by Journey Diary.

Clear Sky, -1°C

Via Norberto Rosa, 13, 10154 Torino TO, Italia

Tra i viaggi al paese in Veneto da piccolo, quelli per frequentare l’Università a Padova e poi tutti quelli per lavoro per tutto lo stivale, quanto tempo ho trascorso in treno. Da giovane con impazienza e noia, oggi a perdermi o ritrovarmi in uno sguardo dal finestrino o assopendomi sulla testiera: un momento caro che mi appartiene.

Powered by Journey Diary.

Clear Sky, -2°C

Via Norberto Rosa, 13, 10154 Torino TO, Italia

Lo facevo da ragazzo, almeno fin dalle scuole medie, sulle agende ben rilegate recuperate da banche o aziende che davano l’impressione di avere per le mani il libro che stavi scrivendo, e oggi attraverso un’app di diario sui blog in Internet che ti fanno l’idea che il mondo e la storia intera leggeranno anche se sai che non è affatto così, né vorresti che lo fosse.

Tenere un diario indifferente al fatto che abbia lettori, te compreso, è essere maestro di te stesso. Ti insegno mentre scegli le parole con attenzione. Si crea un "accoppiamento strutturale", avrebbero potuto scrivere Maturana e Varela, fra la tua necessità espressiva e le tue guide su altri piani, a seconda delle tue credenze o rappresentazioni, angeli, santi, spiriti guida, inconscio…

Da ragazzo iniziavo e poi smettevo subito: oggi ho molto più tempo per stare con me stesso, per non perdere gli ultimi anni concessi ad approfondire la conoscenza reciproca fra lo sconosciuto amico che mi abita e l’incompreso amico che mi ospita, nonché l’intera galassia di parti e soggetti che compone l’una e l’altra semplificazione o generalizzazione.

Powered by Journey Diary.

Clear Sky, -2°C

Via Norberto Rosa, 13, 10154 Torino TO, Italia

Lo facevo da ragazzo, almeno fin dalle scuole medie, sulle agende ben rilegate recuperate da banche o aziende che davano l’impressione di avere per le mani il libro che stavi scrivendo, e oggi attraverso un’app di diario sui blog in Internet che ti danno l’idea che il mondo e la storia intera leggeranno anche se sai che non è affatto così, né vorresti che lo fosse.

Tenere un diario indifferente al fatto che abbia lettori, te compreso, è essere maestro di te stesso. Ti insegni mentre scegli le parole con attenzione. Si crea un "accoppiamento strutturale", avrebbero potuto scrivere Maturana e Varela, fra la tua necessità espressiva e le tue guide su altri piani, a seconda delle tue credenze o rappresentazioni, angeli, santi, spiriti guida, inconscio…

Da ragazzo iniziavo e poi smettevo subito: oggi ho molto più tempo per stare con me stesso, per non perdere gli ultimi anni concessi ad approfondire la conoscenza reciproca fra lo sconosciuto amico che mi abita e l’incompreso amico che mi ospita, nonché l’intera galassia di parti e soggetti che compone l’una e l’altra semplificazione o generalizzazione.

Powered by Journey Diary.
Allenamento percettivo 02

Allenamento percettivo 02

Clear Sky, 3°C

Corso Taranto, 194, 10154 Torino TO, Italia

Allenamento percettivo 02

Nel corso di una discussione, di una riunione, in un ambiente rumoroso come ad esempio una sala d’aspetto o una pizzeria, smettete di seguire i discorsi e cominciare a seguire le variazioni di tonalità come se fosse un coro. Osservate quando le tonalità si fanno acute, quando prevalgono quelle gravi. Domandatevi a quale fenomeno naturale somigliano: delle onde di mare? Folate di vento fra le fessure o i canneti? Le macchine di una fabbrica? Il traffico della strada?
Come sono le ridondanze? Seguono un ritmo? Come variano le ripetizioni e il succedersi delle tonalità?
Sentite come cambiano le sonorità se inclinate la testa da vari lati. Mettendo le mani a conca sui padiglioni, come cambiano le vostre sensazioni.
Come sempre, non cercate di interpretare, spiegare, capire…
Limitatevi a registrare le emozioni che vi suscitano, proprio come accade che certi brani ci rattristino, altri ci entusiasmino, altri ci confondano, ci spaventino ci incoraggino…
Come il solito ripetete l’esercizio per molti giorni prima di trarre le vostre considerazioni senza lasciarsi influenzare dal fatto che non sempre siate sintonizzati.
Considerate inoltre che, ancora più dell’esercizio precedente, gli effetti li scoprirete in altri momenti che non quelli della prova. Vi scoprirete più recettivi e solo raramente riuscirete a collegare le due cose.

Powered by Journey Diary.

Clear Sky, 14°C

Via alla Chiesa 3

C’è solo un momento giusto per fare determinati sbagli e solo uno per porvi adeguatamente rimedio senza particolari strascichi.

Le persone sottovalutano i danni prodotti dalla dislocazione temporale della percezione di se stessi e non ne fanno paura per vergogna contribuendo così alla diffusione dell’epidemia. Le mamme tradizionali o molti genitori non si rendono conto che lasciare che i figli si percepiscano sempre come i loro bambini fa sì che a trenta o quarant’anni pensino di avere diritto a vivere esperienze che non hanno vissuto a 16. Ingegneri sessantenni non sono ancora riusciti a recuperare il dolore di non aver potuto vivere gli amori dei vent’anni perché allora studiavano giorno e notte. Così oggi che sono sposati con una donna che invece quegli anni se li era goduti fino in fondo al punto da ritenersi sazia, nutrono disprezzo per la propria vita e per le persone che la abitano, primo fra tutti se stesso.

Se vogliamo vivere bene e far vivere bene la vita a chi amiamo non facciamo loro sacrificare delle età in vista di guadagni in prospettiva: vivranno tutta una vita sfalsata, una reazione a catena che non li farà mai essere delle persone del loro tempo nella loro età biografica. Appena ve ne accorgete, genitori, staccateveli dai pantaloni senza pietà. Se i vostri genitori non ci riescono, cari figli dovete trovare la forza di farlo voi, perché poi la vita non ve la restituirà nessuno.

Per tutto ciò non c’è altra cura che il perdono e l’oblio che ritroviamo in genere nelle costellazioni o altre esperienze catartiche, ma spesso anche questo non basta. Se la scheggia ti sta mandando in gangrena l’atto non ti resta che tagliartelo e procedere con quello che sei qui e ora, soprattutto senza arti fantasma.

"Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna (1). E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna" (Matteo 5:29-31)

(1) La valle maledetta di Ennom a sud-ovest di Gerusalemme e destinata a immondezzaio della città; poiché vi ardeva continuamente il fuoco, nel Vangelo è presa a simbolo dell’Inferno

Powered by Journey Diary.

Clear Sky, 14°C

Via alla Chiesa 3

Si sottovalutano i danni prodotti dalla dislocazione temporale della percezione di noi stessi. Le mamme tradizionali o molti genitori non si rendono conto che lasciare che i figli si percepiscano sempre come i loro bambini fa sì che a trenta o quarant’anni pensino di avere diritto a vivere esperienze che non hanno vissuto a 16. Ingegneri sessantenni non sono ancora riusciti a recuperare il dolore di non aver potuto vivere gli amori dei vent’anni perché allora studiavano giorno e notte. Così oggi che sono sposati con una donna che invece quegli anni se li era goduti fino in fondo al punto da ritenersi sazia, nutrono disprezzo per la propria vita e per le persone che la abitano, primo fra tutti se stesso.

Se vogliamo vivere bene e far vivere bene la vita a chi amiamo non facciamo loro sacrificare delle età in vista di guadagni in prospettiva: vivranno tutta una vita sfalsata, una reazione a catena che non li farà mai essere delle persone del loro tempo nella loro età biografica. Appena ve ne accorgete, genitori, staccateveli dai pantaloni senza pietà. Se i vostri genitori non ci riescono, cari figli dovete trovare la forza di farlo voi, perché poi la vita non ve la restituirà nessuno.

Per tutto ciò non c’è altra cura che il perdono e l’oblio che ritroviamo in genere nelle costellazioni o altre esperienze catartiche, ma spesso anche questo non basta. Se la scheggia ti sta mandando in gangrena l’atto non ti resta che tagliartelo e procedere con quello che sei qui e ora, soprattutto senza arti fantasma.

"Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna (1). E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna" (Matteo 5:29-31)

(1) La valle maledetta di Ennom a sud-ovest di Gerusalemme e destinata a immondezzaio della città; poiché vi ardeva continuamente il fuoco, nel Vangelo è presa a simbolo dell’Inferno

Powered by Journey Diary.
Allenamento percettivo.

Allenamento percettivo.

Clear Sky, 3°C

Via S. Gaetano da Thiene, 4a, 10154 Torino TO, Italia

Allenamento percettivo.

Sfuoca lo sguardo sui mezzi pubblici (ma potrebbe essere in qualsiasi luogo dove puoi essere anonimo e inosservato con persone a te sconosciute) e cerca di percepire le persone senza osservare i tratti delle persone che guardi.
Fai in modo di vederli come se fossero avvolti in una pellicola di domopack e basta, almeno per i primi tempi. Lascia che le impressioni arrivino a te con calma, ma non ricercarle, non pensare, non aspettartele.
Ad esempio, con il tempo potresti percepire sensazioni di materia prima o di elaborazione, di limpidezza o foschia, di armonia o di incongruenza.
Evita di cercare spiegazioni: se servono arriveranno da sole. Quello che deve cambiare non è il tuo sapere, ma solo il tuo percepire. E anche se ti verrà da pensare di esserci riuscito non credici mai prima di avere ripetuto l’esercizio almeno qualche decina di volte.

Powered by Journey Diary.